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Benvenuti! Questo sito è dedicato a voi, a tutti i nostri amici e a chi è interessato al nostro paese, alla sua storia ed a quelle che sono le manifestazioni e le iniziative che organizziamo.
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La Pro Loco
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"Scandriglia,
le radici e la tradizione"
Abiti,
Oggetti di uso quotidiano, Feste, Usanze Donne Gli
abiti che indossavano le donne un tempo consistevano in una gonna lunga,
arricciata ed ampia, detta “varnellu”, una camicia detta
“polacca”, un busto e uno scialle oppure un fazzoletto chiamato “pannispalle”,
calze e scarpe fatte a mano. I
colori per la gonna soliti erano il blu, oppure altre tinte unite o
stoffe con piccoli disegni tipo provenzale, dai fiorellini molto
piccoli. La gonna aveva una tasca interna, chiamata “verta”. La
stoffa usata per le camicie era dello stesso tipo della gonna, oppure di
varie fantasie; la camicia era scollata, per questo si usava il
fazzolettone a triangolo, colorato, con varie fantasie di fiori oppure a
tinta unita, con i lembi inseriti nella gonna. Il busto era invece di
colore scuro, nero o marrone, eventualmente con lavorazioni a fiori.
Sopra la gonna veniva indossato un grembiule (“zinale”). Le
calze o “cazette”, lavorate a mano erano fin sopra il ginocchio, con
legacci fatti utilizzando la fettuccia. Le scarpe, fatte a mano, erano
simili a scarponcini, con poco tacco. Le
acconciature erano realizzate intrecciando i capelli, molto lunghi,
tutte le mattine e raccogliendoli sulla nuca con fermagli (“forcinelle”). Gli
accessori erano solitamente collane costituite da una o due file di
coralli e piccoli orecchini d’oro, anch’essi con un corallo. Le
donne, nel trasportare i pesi, che potevano essere la "conca"
di rame per raccogliere l'acqua alla fonte, un canestro con il bucato
oppure il pranzo per gli uomini al lavoro, o la tinozza ("tina")
per governare gli animali, usavano fare con un panno arrotolato una
sorta di cuscino circolare, detto "sparra", che mettevano in
testa per poggiarvi sopra l'oggetto da portare. Era
usanza fasciare i neonati strettamente utilizzando lunghe bende chiamate
"fasciaturi". I bambini, appena potevano camminare, venivano
vestiti con una sorta di camicione, chiamato "abbituccittu". Molti
dei tessuti utilizzati, si ottenevano dalla filatura della lana e dalla
tessitura del lino, coltivato dalle donne stesse in prossimità dei
corsi d'acqua. Uomini L’abbigliamento dell’uomo era costituito da una giacca, o “camiciola”, il gilet chiamato “curpittu” e calzoni, di stoffa tipo fustagna, nei colori soliti marrone o grigio. La camicia poteva essere con o senza colletto, al posto della cintura si usava spesso una fascia. Si portava di solito il cappello, tipo “borsalino” oppure la coppola, detta “barretta”. Durante il lavoro spesso il copricapo era costituito da un fazzoletto. Le scarpe, fatte a mano, erano gli scarponi chiodati; a volte si utilizzavano anche gambali con lacci, molto belli ed anch’essi fatti a mano. Per proteggere i pantaloni, i pastori usavano i “vardamacchi”, realizzati con pelli di pecora o capra. Gli
uomini fumavano il sigaro, oppure la pipa, con il fornello di terracotta
ed il cannello realizzato con legno di nocciolo o acero. Un accessorio
indispensabile era il coltello, a serramanico, ed i più fortunati
avevano un orologio da taschino con la catena; chi ne era sprovvisto
utilizzava … il sole, piantando un bastone e regolandosi con questa
rudimentale meridiana. Raramente alcuni uomini indossavano un orecchino
d’oro. Le
Abitazioni Le
abitazioni del passato erano molto semplici, a volte si trattava di un
unico locale, con la zona notte divisa da una tenda; spesso i pavimenti
erano in legno. Era
sempre presente il camino, per riscaldarsi ma soprattutto per cucinare,
con una staffa di ferro mobile ed una catena ("catenale"), per
sostenere il recipiente per far bollire l'acqua ("cutturu"). Il
mobilio era ridotto all'essenziale: un tavolo, le sedie, la madia o
"arca", dove si conservava il pane e si preparava l'impasto,
la "staccia", con appesi tegami e coperchi. Per
l'illuminazione si utilizzava un lume ad olio e, in seguito, a carburo
(acetilene) o candele. Il
letto era costituito da una base fatta di tavole, un pagliericcio con le
foglie di polenta, per ultimo un materasso di lana; in inverno, per
scaldare le lenzuola e le coperte, si usava un telaio di legno che le
sollevava dal materasso ("prete") e permetteva di inserire uno
scaldino di rame ("scallalettu"), con i carboni accesi. Spesso
c'erano due comodini, una cassapanca, il comò e, per i più fortunati,
un piccolo armadio; in un angolo della stanza, per lavarsi, era presente
il catino ("baccile") con una brocca di smalto per l'acqua,
sull'apposito sostegno ("pede"). In questa stanza nascevano i
bambini, con l'aiuto della "levatrice" (ostetrica) e
l'immancabile acqua messa a bollire e conservata in un fiasco. Per
il bagno si usava una tinozza, spesso di zinco, e sapone fatto in casa.
Abiti e panni avevano un particolare profumo di pulito, il bucato veniva
fatto alla fonte e, come detersivo, si utilizzava il sapone fatto in
casa. Si riportava poi la biancheria ancora in saponata a casa e si
faceva la "vucata", o bucato, che consisteva nel mettere i
panni stipati in un cesto o una tinozza, coprendoli con un telo; a parte
veniva fatta bollire l'acqua, aggiungendo poi la cenere della legna,
dopodiché si versava con una brocca sui panni ancora insaponati. Si
lasciavano i panni la notte a riposare e la mattina presto si andava
alla fonte per risciacquarli. Le Feste e le usanze
Santa Barbara,
il 4 Dicembre, è La Festa della Santa Patrona, molto sentita; la
processione è seguita da tutta la popolazione e, soprattutto, dagli
Artiglieri, vecchi e giovani, con i caratteristici fazzoletti gialli, in
onore della Santa Patrona di Scandriglia e dell'Arma di Artiglieria. Da
questa data, approssimativamente, iniziava il periodo della raccolta
delle olive. Appartenente
ad una ricca famiglia Romana, insediatasi nel nostro territorio, La
Santa, dopo aver rifiutato di rinnegare la religione Cattolica, fu
rinchiusa dapprima in una torre e subì poi il martirio per mano del
padre, Dioscoro. In quel luogo, sul territorio di Scandriglia, sorge una
Chiesetta rurale vicino una sorgente, a testimonianza di quanto
raccontato dalla tradizione. Il
simbolo di Scandriglia, in onore della Santa, è da sempre la torre con
le tre finestre, volute da Santa Barbara per simboleggiare la Trinità
Cristiana. Durante
la Festa di Sant'Antonio Abate,
il 17 Gennaio, si procedeva alla benedizione degli animali, del sale e
del pane per le famiglie. Chi non portava gli animali, faceva benedire
una maggiore quantità di sale, che poi avrebbe dato alle bestie. Il
Carnevale era un'occasione per stare insieme in allegria; le due
Domeniche precedenti la fine del periodo, erano equamente divise tra la
famiglia e gli amici, con i "frittelli" ed il vino. Si
concludeva questo periodo con una sfilata tra le vie del paese, con
costumi e travestimenti improvvisati, ma sicuramente divertenti,
suscitando l'allegria generale. Per
le Festività Pasquali,
quando le campane erano ancora legate, gli orari delle Funzioni venivano
scanditi da gruppi di bambini festosi che rumoreggiavano con le
"raganelle" e le "ticchettaule", attrezzi fatti con
cannucce o tavolette di legno e dal rumore caratteristico. Un'usanza
tradizionale era che la fidanzata preparasse un dolce, la "pizza di
Pasqua", con pan di spagna e crema; questo dolce veniva donato al
fidanzato il giorno di Pasqua e, lo stesso, ne riconsegnava metà alla
fidanzata il giorno dopo. Molto
caratteristica è sempre stata la festa di Corpus
Domini, durante la quale le vie del paese, percorse dalla
processione, venivano colorate da disegni realizzati con petali di fiori
ed addobbate con le stoffe dei corredi delle ragazze non ancora sposate. Le
Festività di Ferragosto (Beata Vergine Maria, San Rocco e Santa
Acilia) erano un appuntamento molto sentito. Dopo la processione, nel
pomeriggio si tenevano i giochi popolari, ed in particolare: q
la Cuccagna, che vedeva i più agili impegnati nella scalata
dell'albero, generosamente ingrassato; q
lo "scocciapigne" (pentolaccia). Bisognava cercare di
rompere, bendati e cavalcando un somaro, vecchie pigne di coccio appese,
nelle quali erano nascosti i premi (salsicce, sigarette, ecc.) oppure
scherzi; q
la padella, che consisteva nello staccare dal fondo annerito
della stessa, soltanto con i denti, una moneta incollata con la pece da
calzolaio; q
i maccheroni, che dovevano essere mangiati con le mani fissate
alle estremità di un bastone, ed ogni tanto innaffiare il tutto con
bevute … al volo da un fiasco di vino; q
il tiro alla fune, con più squadre antagoniste; q
la corsa dei sacchi e dell'uovo, retto con un cucchiaio tra i
denti, giochi riservati ai bambini; q
la corsa della stella. Era una gara che ricorda molto le antiche
giostre medioevali. All'altezza del Monumento veniva fissata una
struttura girevole con una stella di legno; i concorrenti, a cavallo e
tenendo in mano un bastone, partivano dall'altezza della fonte e, al
galoppo, dovevano centrare con il bastone il bersaglio costituito dalla
stella. Se si riusciva a colpire il bersaglio, bisognava evitare lo
"schiaffo" della struttura girevole. Natale
Da
sempre il Natale è stata una Festa molto sentita, rafforzando il clima
di calore ed unione all'interno della famiglia. Per il fuoco della notte
di Natale, veniva conservato un bel ciocco di legno, per scaldare Gesù
Bambino, come era tradizione. Gli anziani tenevano banco, con i racconti
e le storie riservate a quella notte. I doni per i bambini, come
succedeva per L'Epifania, si limitavano, purtroppo, a pezzi di frutta
secca ("carozzi"), di solito mele o fichi secchi e, se
c'erano, arance ("portugalli"), i "murzillitti" e un
pupazzo o bambola di pezza; sicuramente erano molto apprezzati, proprio
per l'eccezionalità dell'evento, a differenza della "normalità"
dei nostri giorni. Altre
Feste Religiose a Scandriglia sono
Santa Lucia, patrona della vista,
San Vincenzo, protettore dei raccolti dalla grandine e la
Madonna Addolorata. Giochi
e passatempi tradizionali
In
questo spazio, descriveremo i giochi che oggi non si fanno più, ma che
fanno parte della nostra storia, della vita dei nostri genitori e dei
nostri nonni, e che crediamo sia bello ricordare. Marrone
Per
questo gioco si usavano le monete dell'epoca, con le immagini della
monarchia: arme era la testa del Re e sante la croce dello stemma
Sabaudo. I
ragazzi posizionavano un sasso ovale per terra, a due o tre metri di
distanza e lanciavano ognuno una monetina. Chi si avvicinava di più al
sasso, con la propria moneta, aveva il diritto di tirare per primo: le
monete venivano quindi sistemate una sopra all'altra, con la testa verso
l'alto. Il primo giocatore le colpiva con il sasso, e tutte le monete
che riusciva a far girare se le prendeva. Si
continuava quindi a turno fino a che tutte le monete erano finite,
quindi si ricominciava. Careche'
Un
altro gioco con le monete: i giocatori erano tutti in piedi, uno teneva
il "banco" e gli altri scommettevano. Il giocatore che teneva
il banco metteva due monete insieme con le teste esterne e le croci
interne, facendole vedere a chi aveva fatto la puntata. A questo punto
le lanciava per aria e, secondo come ricadevano, si aggiudicavano le
puntate. Se le monete ricadevano con due croci in alto perdeva il banco,
se cadevano con le due teste il lanciatore prendeva tutte le puntante,
se cadevano testa e croce (sante e arme) era pari e "patta". Spacca
picchio
Il
picchio era una trottola di legno con la punta di ferro: i giocatori lo
avvolgevano con una cordicella (sparacina); tenendo l'estremità della
corda con un dito lo lanciavano e iniziava a girare. L'abilità
consisteva anche nel riprenderlo da terra tra il dito medio e l'anulare,
facendolo salire nel palmo della mano. Il picchio che finiva di girare
prima finiva "sotto", e veniva colpito dagli altri picchi. Lippa
Su
un sasso si metteva a leva o in bilico un'asticciola di legno. Il gioco
consisteva nel colpire con un bastone l'asticciola facendola saltare,
colpirla nuovamente per aria cercando di scagliarla lontano. Vinceva il
giocatore che riusciva a mandarla più lontano. Questo gioco era molto
pericoloso. Rucica
Il
gioco era molto semplice, si utilizzava una ruota ricavata da un disco
di legno pieno (rucica): si partiva da una strada in pendenza, per
esempio dalla fonte, fino ad un certo punto della strada romana; vinceva
il giocatore che riusciva ad arrivare primo al traguardo, percorrendo
tratti più lunghi con meno tiri. Cerchio
Per
questo gioco si utilizzava un cerchio di ferro, il cerchio di una botte
o, il più delle volte, ricavato dalle vecchie caldaie di rame e con un
asta o un bastone che aveva ad un'estremità un supporto, la ruota
veniva fatta correre. Giochi
femminili
I
giochi delle bambine erano, oltre al salto con la corda, anche campana e
"acce". Campana:
le bambine tracciavano per terra con il gesso, ma qualche volta anche
con la cenere, un rettangolo, disegnando all'interno otto caselle, 1, 2,
7 e 8 in prossimità dei lati corti, 3, 4, 5 e 6 negli spazi di una
"X" centrale. S'iniziava tirando un sasso nella prima casella,
saltandoci sopra con una gamba sola, continuando poi con gli altri
numeri. Se una bambina mirava male o andava fuori saltando, le altre
gridavano "abbrucicchiu" era cioè bruciata, e doveva
ricominciare daccapo. Acce:
era un gioco tra ragazze; tutte quante avevano la stessa quantità di
filo (accia) ed il gioco consisteva nel lavorarlo velocemente con i
ferri. Chiaramente vinceva la ragazza che finiva prima. Un
altro gioco con il filo si faceva anche con un rocchetto di legno.
Venivano piantati quattro chiodini da un lato del rocchetto, si lavorava
quindi il filo facendolo passare dal foro centrale. Era
una gara a realizzare la codina più lunga.
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